Volevo solo esprimere la mia opinione su un fatto successo nella mia azienda, leader nella grande distribuzione, arrivata in Friuli, questa sperduta regione, venti anni fa. Si è insediata in una realtà già esistente da dieci anni e ha sconvolto gli equilibri esistenti, da una conduzione quasi familiare, si è rivelata subito una realtà totalmente diversa, tantissime assunzioni, responsabili di ogni livello, capi settore, capi reparto e così via. Hanno puntato tanto sulla formazione del personale, quindi corsi di ogni tipo sia per una formazione professionale, sia per formare gruppi di lavoro che andassero d’accordo per lavorare bene insieme, corsi di trucco per le cassiere, insomma un investimento sulle risorse umane.

Sono finiti quei tempi già da tanto, adesso chiaramente colpa della crisi, si è assistito ad un progressivo degrado delle condizioni del personale, che è sempre più contato per cui chi rimane deve svolgere più mansioni fornendo così un servizio ai clienti sempre più scadente.

A essere insopportabile non è la fatica del lavoro quotidiano, il salario risicato o il turno sempre più lungo, ma sono le ingiustizie. Mi riferisco a quegli atti di forza che il potere esercita, al di fuori di ogni evidente buon senso, nei confronti di un sottoposto, del quale importa relativamente quanto o come produce, ma è fondamentale l’atteggiamento che ha.

Ogni buon lavoratore dipendente deve dimostrarsi allineato alla filosofia aziendale, qualunque essa sia, al patto estremo di accettare consuetudini aziendali che contrastano con l’etica stessa del lavoro al quale si è chiamati a svolgere. In buona sostanza, asseconda le richieste, compi ciò che ti viene assegnato, elimina ogni spirito critico e ogni ambizione al lavoro compiuto a regola d’arte, perché questo non ti viene richiesto ed anzi, le menti pensanti, a certi livelli dell’organizzazione sono osteggiate e represse. Scusate lo sfogo ma questo è un regime totalitario.

Così ho assistito al licenziamento in tronco per “soppressione del ruolo” e perché non è più “aziendale” di un mio collega accompagnato alla porta dalla sorveglianza come un “delinquente”. Il caso è quello di un mio superiore, capo reparto in forze, fino a qualche settimana fa dipendente di quest’azienda da quasi 20 anni. Una persona stimata, seria e competente, un lavoratore di quelli della vecchia scuola per i quali l’azienda è parte della propria vita, e a cui ci si dedica non solo per lo stipendio, ma per l’ambizione personale di contribuire a far crescere una realtà che sia di benessere per tutti. È chiaro però che una persona del genere, quando vede che la gestione dall’alto prende direzioni contro il buon senso, contro l’etica aziendale o lesiva del suo buon nome, non può tacere.

Mi chiedo: non essere più “aziendale” vuol dire che non puoi più nemmeno esprimere le tue opinioni? In questo episodio c’è la falsità della “soppressione del ruolo” che non è reale perché le mansioni svolte da lui verranno ridistribuite tra i colleghi ed in secondo luogo c’è il messaggio di repressione che è arrivato forte e chiaro, o ti allinei o un modo per mandarti a casa lo troviamo.

Dove sono andate a finire tutte le lotte per il lavoro, la democrazia? Dove sono finiti il rispetto, l’importanza data alle persone in quanto individui che fanno la differenza, e i diritti?

Il mio pensiero va a tutte le persone che lavorano in grandi azienda e dove il criterio di valutazione è questo, quindi non c’è più professionalità e buona volontà ma solo reddito, conti economici. Questi pensieri comunque non vogliono difendere a tutti i costi i lavoratori, se uno ruba ad esempio deve essere licenziato subito perché l’azienda comunque fa parte della tua vita ed è giusto difenderla, ma in questo caso vi garantisco è indifendibile.

Caro fratello e collega, se leggerai questa lettera sappi che credo di essere portavoce di quasi tutti i tuoi colleghi, che sono rimasti sgomenti, delusi e amareggiati per quello che ti hanno fatto e per come l’hanno fatto. Ti auguro con tutto il cuore che tu riesca a superare questo momento difficile e riscattarti trovando un lavoro che valorizzi le tue qualità.

Cari colleghi di ogni ordine e grado, spero per tutti che sia possibile creare le condizioni  per un lavoro, sebbene subalterno, ma sempre dignitoso, che ci veda impegnati prima come persone, con il nostro spirito critico, la nostra sensibilità e volontà di fare, piuttosto che come muli da soma impersonali. Se il valore di un lavoratore è dato solo dalla sua capacità di svolgere carichi di lavoro, allora non stiamo procedendo nel futuro ma camminando all’indietro, a che scopo?

 

lettera anonima